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Il servo di Dio Avv. Antonio Lombardi: uno spirito assetato di verità!
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UNO SPIRITO ASSETATO DI VERITA'
Il servo di Dio ANTONIO LOMBARDI (1898-1950)
Profilo tratto da "Santi tra noi"
Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, 1996
scritto dal dott. Raffaele Gentile
Filosofo
Senza dubbio tra le figure più significative del cattolicesimo catanzarese, vissute nel secolo ventesimo, va annoverata quella di Antonio Lombardi.
A suo riguardo così si esprime Vito G. Galati: "In questo pensatore, la Calabria ha fatto rifiorire qualcosa del suo genio speculativo, e principalmente la esigenza dell'unità sistematica, che non si raggiunge confondendo Dio e il mondo, ma distinguendoli nell'unità dell'assoluto creatore. E su questo piano la sua indagine è singolare perché svolta sui punti essenziali della superficie filosofica dell'Occidente e dell'Oriente, conclusa nel giudizio che la filosofia vale per l'uomo non per sé medesima: vale, cioè, in quanto attinge il principio della salvezza".

Cenni biografici
Nato nel 1898 e morto nel 1950, egli appartiene cronologicamente alla prima metà del secolo; ma la sua opera di uomo di pensiero e la sua testimonianza di fede e di cristiano varcano i limiti del tempo e dello spazio, e lo collocano in una dimensione molto più ampia e duratura.
Una giovinezza caratterizzata da un animo inquieto e da crisi ateistiche lo rende indeciso anche in prospettiva di una scelta professionale per il proprio avvenire: filosofia o scienze (in particolare, matematica) o lettere. Prevale alla fine quella degli studi giuridici, pare non sollecitato dal padre, avvocato e politico conosciutissimo e stimato in tutta la Regione. Laureatosi in giurisprudenza, non tardò ad affiancare il padre, sia per alleggerirlo in un primo tempo nella fatica, tenendo conto dell'impegno politico, sia in seguito, all'uscita dalla scena politica con l'avvento del fascismo.
L'insoddisfazione dell'attività legale, una malattia ed un amore sentito, infranto dalla morte, ne scossero profondamente fisico e spirito. Ed è quella tomba, irrorata dalle sue lacrime, ad aprirgli (o riaprirgli) la strada della fede! San Giuseppe Moscati affermava che "la morte è una tappa della vita", e Antonio Lombardi parlerà della morte intesa "come realtà rivelatrice vivente, come realtà che caratterizza la stessa realtà della vita".

Ricerca della verità
E all'urgente ricerca della Verità dedica tutte le sue energie, forse incoraggiato e sostenuto da quella personale tendenza per gli studi filosofici avuta da studente, forse colpito ed interessato dalla speranza cristiana scevra da qualsiasi preconcetto, ma con il proposito, assetato di Luce com'era, di mettere a disposizione di tutti (dubbiosi e smarriti) il personale convincimento. E' il Lombardi stesso che, un giorno, a Vito Giuseppe Galati confesserà di aver voluto adempiere a tutte quelle ricerche ed a tutti quegli studi per dovere di cristiano, aggiungendo: "Mi pare che verrei meno alla stessa Fede non facendolo". E che questa Fede, tanto apertamente espressa, sia evidente, si può cogliere dal suo stesso diario, in un'annotazione, riportata in data 13 novembre 1937, che recita "Comincia la definizione dello scritto su Hegel. Metto questo scritto sotto la protezione della Madonna e di San Giuseppe".
Nella ricerca e nella dimostrazione della Verità suprema Egli affrontava le filosofie ed i sistemi filosofici di tutti i tempi, scandagliando (per dirla con Luigi Costanzo) "tutte le possibilità del pensiero in ordine alla Fede, onde questa avvalorare sempre più e propagare, specie in coloro che dicono di credere principalmente alla ragione".
Da questa indagine scrupolosa, condotta con strettissimo rigore scientifico, finiva con il nascere l'opera sua filosofica più importante, la Critica delle Metafisiche, pubblicata nel 1939, dopo avere ben sviscerato la filosofia occidentale, la filosofia indiana e la filosofia cinese; "opera che rivela - come afferma Vito G. Galati - il suo particolare orientamento ideologico, le sue capacità dialettiche, il suo stile filosofico e, nelle stesse costruzioni dimostrative, l'anima sua ebbra di verità e, starei per dire, avida di canto religioso"; "opera con una impostazione rigorosamente speculativa e non storica, come lo schema potrebbe far supporre".
E', del resto, lo stesso Lombardi che, nel capitolo introduttivo, afferma: "Poiché la filosofia greca e l'araba appartengono piuttosto alla storia della filosofia che alla filosofia, se non in quanto rivivono nella filosofia moderna, così noi, trattando di questa filosofia e di quella indiana, le due sole filosofie viventi, abbiamo trattato ad un tempo ogni altra filosofia".
Da Giordano Bruno a Nagarjuna, da Hegel a Sankara, da Kant ad Asanga, da Spinoza a Lao-tse, i più grandi sistemi filosofici sono da lui passati in rassegna e riassunti con precisione; poi ne scopre i punti più deboli, le contraddizioni e le impossibilità logiche.
Adriano Tilgher scrive: "Si tratta di un'opera assai meditata e seria,che dimostra un dialettico poderoso che va al centro dei problemi e li discute con conoscenza e con acume".
E Antonino Anile afferma: "Un libro simile pochi in Italia sarebbero stati capaci di farlo".
Nella Metafisica dell'Asia, un saggio nel quale tratta la propria visione del mondo orientale, il Lombardi afferma: "Illusoria è la barriera che divide l'Oriente e l'Occidente, giacché tutta la terra è patria dell'uomo, che parla a lui con la sua antica, materna voce misteriosa". Nella corrispondenza del sostanziale processo religioso-filosofico del mondo greco e di quello asiatieo, egli vede rivelarsi "l'unità del pensiero umano, l'identità delle tendenze e delle conclusioni".
E così aggiunge: "Se dunque l'uomo ricerca nell'Asia quello che è proprio dell'uomo di ricercare... ecco che l'Asia stessa non è all'uomo sufficiente, dev'essere oltrepassata. Di là da essa, di là da ogni natura creata, di là da ogni astratta essenza, di là da ogni vano divenire, a quel che l'uomo ricerca: l'infinito. Ecco il bisogno che 1'infinito sia non astrattezza ma essere, non indefinitezza ma assoluta definizione, non momento irreale di una natura ma assoluta realtà, non essere vuoto d'individualità, ma persona. L'infinito dev'essere Dio...".
Ed è in questo approdo finale in Dio Infinito che si acquieta il suo spirito, assetato di Verità.
Su L'Idea cristiana del 6 gennaio 1944 Lombardi scriveva: "Il tempo è una rete tesa sull'abisso, tra il nulla e 1'infinito. Saper danzare sulla rete del tempo è tutta la sapienza della vita. Amarsi, aiutarsi: che altro resta del tempo? L'odio, il denaro, il potere, tutto è vano. Anche i dolori son passeggeri. Quel che s'afferma e che resta è solo l'amore, che è luce. La vita scaturì in origine dalla luce, e nella luce trionferà"!
Tante volte ebbe a dirmi che la sua passeggiata preferita, da solo, era quella verso Sant'Elia (di Catanzaro); la vastità del panorama e la veduta delle vette silane e del mare erano bellezze naturali e stimoli a pensare e meditare sull'Infinito.

Il prossimo
Ma la speculazione filosofica e l'amore alla Verità fino alla contemplazione non lo distoglievano dall'attenzione verso il prossimo. Anzi, sotto questo aspetto, il proprio donarsi correva come il treno sulle rotaie. La sua generosità lo sollecitava a mettere a disposizione il pensiero illuminante sui problemi della Fede e della morale, particolarmente verso i giovani, assetati di conoscenza e di verità; ma, parimenti, eguale sollecitudine aveva sul piano materiale per i poveri, gli abietti ed i sofferenti. Verso questi ultimi molto spesso l'intervento avveniva nel più scrupoloso riserbo e con tutto il garbo possibile.

 

Formare le coscienze
Alla formazione di coscienze cristiane il Lombardi indirizzò essenzialmente la sua attività nell'Azione Cattolica ed anche attraverso l'istituzione di un circolo - il Novum Studium - creato in casa. Occorre far sapere l'importanza di questa opera, in quanto, nel periodo in cui Lombardi fu presente, la situazione non era certo favorevole.
Il clima politico degli anni trenta, nonostante i Patti Lateranensi del 1929, non assicurava agli iscritti e simpatizzanti della grande Associazione cattolica, posta a servizio della Gerarchia della Chiesa, la piena libertà organizzativa. Certamente i pia anziani ricordano gli incresciosi episodi di sedi violate o controllate ed anche oggetto di atti vandalici. Ma non minore influenza, nel frastornare le menti, erano state, durante il ventennio, la stampa, la scuola e la propaganda di regime, favorita da avvenimenti politici, come la campagna di Etiopia, l'Impero, la guerra in Spagna, l'Asse, il secondo conflitto mondiale, la disfatta militare, la democrazia dopo i venti anni di fascismo, e, infine, le preoccupazioni per il nuovo assetto nazionale con tutte le incognite.
Oggetto di particolare attenzione furono i laureati e gli studenti, e fra questi ultimi, specialmente gli universitari.
L'armistizio dell'8 settembre 1943 aveva bruscamente, e di fatto, spaccato l'Italia in due: una sotto il controllo delle truppe anglo-americane e l'altra sotto il controllo rigido militare e civile dei nazisti di Hitler, mentre la guerra guerreggiata continuava sul territorio italiano.
La Calabria, unitamente alle altre Regioni dell'Italia Meridionale (Sicilia compresa), era rimasta isolata da Roma e dal resto d'Italia; parimenti le diocesi avevano perduto la possibilità di comunicare liberamente con la Sede Apostolica.
Ill ritorno della democrazia, una volta avvenuta l'occupazione alleata, favoriva la rinascita dei partiti; mentre la libertà di stampa, anche se inizialmente sottoposta a censura, consentiva la diffusione di programmi e di idee non sempre in sintonia con la dottrina della Chiesa e la sua ispirazione sociale.
Catanzaro, in maniera particolare, rispetto alle due altre province calabresi, vedeva con difficoltà il sorgere del movimento politico dei cattolici. Mentre le altre due province (Reggio e Cosenza) si trovavano avvantaggiate dalla presenza sul posto di esponenti di rilievo che, nel passato, attivamente avevano militato nel Partito Popolare, Catanzaro non aveva potuto beneficiare di analoga possibilità, in quanto gli anziani dirigenti popolari si trovavano tutti a Roma e, quindi, impossibilitati a prendere contatti con la realtà catanzarese.
Antonio Lombardi non stette a guardare. Pur alieno a qualunque incarico politico sia per carattere che per motivi di famiglia, si adoperò, non senza difficoltà, a promuovere il movimento politico dei cattolici, in conformità alle disposizioni della Conferenza Episcopale Calabra, presieduta, in quel tempo, dall'Arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Antonio Lanza. Nello stesso periodo, nell'attesa che si avviasse su basi concrete l'organizzazione politica, volle la presenza di un periodico cattolico. Benché la cosa non fosse tanto facile, anche perché vi era la carenza di carta (tanto è vero che per molto tempo tutta la stampa, controllo a parte, usciva limitata nel formato e nel quantitativo), il Lombardi, nel dicembre del 1943, fu tra i fondatori de L'Idea cristiana, ottenendone l'autorizzazione dal Comando Militare Alleato. Non bisogna dimenticare che, nel dicembre di quell'anno, la provincia di Catanzaro era amministrata dalle truppe di occupazione, le quali erano entrate in Città intorno alla metà di settembre a seguito dell'armistizio.
Fu il primo giornale cattolico della provincia ad essere pubblicato, dopo la fine della guerra guerreggiata, nell'Italia Meridionale, in un momento storico, nel quale questa parte della Penisola era isolata dalla Sede Apostolica e mancava la stampa ufficiale nazionale. Seppi indirettamente, a distanza di tempo, dopo la liberazione di Roma, che se ne era compiaciuto il Papa Pio XII(1).

La In Charitate Christi
Ma il ricordo di Nino Lombardi rimane anche legato al sorgere dell'Opera Pia In Charitate Christi in Catanzaro nei primi mesi del 1944. Avvalendosi dell'aiuto del padre, On. Avv. Nicola, Sottosegretario di Stato nel Governo del Maresciallo Badoglio e nel primo Governo Bonomi, intervenne presso l'Amministrazione civile, che allora si svolgeva sotto il controllo alleato delle Forze Armate di occupazione. Mons. Giovanni Apa ed il canonico Giovanni Capellupo vennero presentati al Prefetto del tempo, Dott. Falcone Lucifero, che intervenne presso l'EEA per la concessione dei locali siti nel Rione Fondachello, locali vuoti ma che erano stati fatti costruire dal passato regime a finalità sociale. In quella circostanza il Prefetto Lucifero, nel concedere gratuitamente a tempo indeterminate il fabbricato disponibile di Fondachello, raccomandò ai due Sacerdoti di fare qualcosa che non fosse "ospizio".

I poveri
Ma è verso i poveri e quelli "più abbietti e quelli la cui vicinanza ci umilia in questo mondo" che volse lo sguardo ed il cuore e che quotidianamente avvicinò con fraternità e generosità. Lo fece da sé, ma anche attraverso la Conferenza di San Vincenzo de' Paoli, che con assiduità frequentava. Non mancò di intervenire anche con la stampa, e con insistenza, subito dopo la fine della guerra in Calabria, di fronte alla dilagante miseria ed anche alla fame che colpivano tanta gente.
Scriveva su L'Idea Cristiana del 6 gennaio 1944: «Il problema della carità è uno dei più impellenti. Si veggono ovunque bimbi, donne, vecchi, e anche uomini e giovani sani, specie tra le famiglie degli operai e dei modesti pensionati, deperire di giorno in giorno. L'organizzazione di una vasta opera di carità s'impone. Siamo in tempi di partiti politici: sarebbe dunque assai ben fatto che i ricchi di tutti i partiti, e ve ne sono di ricchissimi, dal partito democristiano a quello demoliberale, da quello socialista a quello comunista, si unissero fraternamente insieme, nell'aiuto effettivo verso i poveri, gli ammalati, gli abbandonati. Ne riparleremo".
Ed un nuovo Appello alla carità, con animo accorato, egli rivolgeva a tutti su L'Idea Cristiana del 23 gennaio 1944, quando imperversavano mancanza di viveri di prima necessità, penuria di indumenti, disagi inauditi per i senzatetto. In proposito scriveva:
"Poveri, ai nostri giorni, sono la maggior parte degli uomini. E questi poveri innumerevoli non si sa più come si nutriscano o come vivano. Non hanno pane, non hanno vesti; molti non hanno tetto. Eppure, non tutti sono in una uguale miseria. Già si sa, vi sono i ricchi, ricchi di denaro, e, quel che più vale, di terre. E vi sono poi quelli che ricchi non si possono dire, ma che pure non soffrono disagio alcuno, e qualche volta si trovano anche ad avere del superfluo. E vi sono tutte le gradazioni di ricchezza, di agiatezza, di povertà. Non sarebbe dunque doveroso che coloro che più hanno dessero a quelli che hanno meno, e dessero non per solo sentimento di carità, ma per obbligo di giustizia sociale e di umana solidarietà? Si possono anche ammirare gli ideali e i programmi politici, ma, in ultimo, quel che veramente conta sono i fatti del presente. E colui che, potendo fare ora un po' di bene, lo trascura per un progetto di maggior bene futuro, non sappiamo quanto possa fare affidamento. Quante miserie non si potrebbero alleviare se vi fosse tra i ricchi maggiore senso di carità o di giustizia! Eppure costoro si assidono alle loro laute mense, senza un rimorso nel cuore. Non un pensiero per i poveri bimbi che piangono sotto il morso della fame, per i tanti miseri che muoiono d'inedia. E che se ne fanno delle loro ricchezze? Non vedono, ciechi, quante umane fortune sono state distrutte. Come sarebbero più felici, se sapessero dare più generosamente, se rendessero i poveri partecipi dei loro beni. Ma l'attaccamento eccessivo agli agi e ai piaceri della vita, rende tanti cuori chiusi ad ogni senso di pietà. E la giustizia di Dio verrà su questi ricchi. Verrà terribile i1 giorno del giudizio, ma viene qualche volta anche su questa terra. Si parla tanto, da costoro, contro il comunismo. S'intende che essi ne concepiscano odio, poiché si tratta dei loro beni, che quello verrebbe a distruggere. Ma il comunismo appunto potrebbe essere la giustizia di Dio contro costoro. Signori ricchi, non vi avvedete che questo è il tempo della giustizia e della carità, che bisogna dare, generosamente dare, cristianamente dare? Ma non solo i ricchi debbono dare e soccorrere. Debbono dare e soccorrere tutti, in proporzione delle proprie disponibilità. chiunque deve porgere l'aiuto fraterno a ehi è povero più di lui. Facciamoci un po' tutti l'esame di coscienza, e vedremo che abbiamo un po' tutti le nostre colpe".
E contro la crescente campagna di odio che voleva nella polvere i gerarchi del caduto regime, perfino quelli che, per vivere, avevano ricoperto marginali caricucce o incarichi di scarso rilievo, Antonio Lombardi alzò alta e forte la sua voce. In proposito scriveva su L'Idea Cristiana, firmando responsabilmente il suo pensiero, perché non apparisse affermazione interessata, in quanto indiscutibilmente notoria 1'avversione ventennale di tutta la sua famiglia al fascismo: "Non incrudeliamo. L'accanimento col quale da non pochi, anche stimati cittadini, si vorrebbe mettere letteralmente sul lastrico chiunque abbia coperto qualche carica nel passato regime, venendo così a mettere sul lastrico intere famiglie, ci addolora e ci rattrista. Non ci pare né segno di giustizia, né di purificazione sociale, né tanto meno di bontà. Riconosciamo sì che le posizioni di molti fascisti debbano essere rivedute, ma... est modus in rebus".

Figlio e fratello esemplare


gFiglio e fratello esemplare fu in seno alla famiglia. In particolare il suo animo sensibile e generoso non poco soffrì per i genitori, che sopravvissero alla sua fine: per la madre che, da lunghissimo tempo, portava un'infermità particolarmente pesante e senza autosufficienza; ma, soprattutto, per il padre perché lontano dalla fede; motivo che profondamente lo mortificava, lo angosciava, lo demoralizzava e, certamente, era nei suoi pensieri, nel quotidiano colloquio con Dio. Non è difficile immaginare che facilmente avesse fatto offerta della propria vita, perché il padre, ormai avanti negli anni ma lucido nella mente, arrivasse a Dio.

Quanti ricordarono Nino Lombardi, in occasione della commemorazione ufficiale del 9 maggio 1954, promossa dall'Azione Cattolica, nel fugace quanto inevitabile richiamo di questo particolare stato d'animo filiale, sicuramente si fermarono, come tempo, al 6 agosto 1950 (giorno, peraltro, particolarmente ricordato dalla Chiesa, nonché Anno Santo). Ma ehi scrive, per avere mantenuto i rapporti anche successivamente col padre, è in grado di dare una testimonianza diretta aggiornata.
La morte prematura di Nino aprì al padre inaspettatamente una via nuova, sicuramente prima non immaginata; via nuova che, una volta intrapresa, non poteva non condurlo a Dio. Perché subito, spezzato il colloquio quotidiano con il figlio nella forma sensitiva, incominciava quello dell'anima, attraverso l'attenta ed interessata lettura degli scritti, che Nino aveva lasciato sul proprio scrittoio. Iniziava il cammino verso la trascendenza, spoglio di pregiudizi, dolcemente spinto come da un zefiro primaverile, seguendo la forza dialettica, la logica convincente di Nino, che aveva fatto giustizia di tutte le filosofie per dimostrare, anche con la ragione, 1'eterna Verità, al di sopra delle diverse elucubrazioni del pensiero e dell'intelletto umano.
Ed il nome di Dio ricorreva sulle labbra del vecchio genitore nei pochissimi incontri che ebbi dopo la morte di Nino. Ricordo ancora un pomeriggio nel quale espressamente, su suo invito, ci trovammo alcuni amici intorno al suo tavolo e, in quell' occasione, trasse da un cassetto alcuni scritti da lui composti, che mi auguro siano stati conservati. Erano pensieri e versi sciolti nei quali faceva riferimento a Dio e che lasciavano chiaramente trapelare il personale convincimento.
Non ritengo azzardato dire che certamente Nino era stato ascoltato ed esaudito! Non è azzardato dire che, ancora una volta, la luce passava attraverso un sepolcro! Non è azzardato dire che, se Nino aveva avuto per volere di Dio quel padre per la vita del corpo, Nino interveniva perché il padre, a sua volta, non perdesse quella dello spirito! L'amore filiale non poteva raggiungere dimensione più larga e vetta più sublime!

In sintesi
Antonio Lombardi all'uomo di oggi e a quello del nuovo millennio che avanza, in un tempo di decadenza e di mortificazione di tutti i valori tradizionali degni di una civiltà, da un esempio completo di vita: dalla fede alla carità, dalla ricerca e dall'affermazione della verità alla giustizia, dalla famiglia alle diverse altre componenti sociali, dalla difesa della vita alla solidarietà, dalla politica (intesa come servizio) alla stampa (intesa nella sua funzione educativa di corretta informazione), dal bando di ogni forma di odio alla condanna di qualunque violenza, dall'interessamento verso i giovani all'avversione per le ricchezze, dalla purezza in ogni sua espressività (che gli fa annotare in data 12 dicembre 1936 sul suo diario intimo Non commettere alcun peccato veniale di volontà) al rispetto del creato e delle sue bellezze.
Ma quello che appare ed è predominante, in questa testimonianza, è lo sforzo titanico vissuto in maniera sofferta, di poter far comprendere il fine della creazione stessa: "Dio ci ha creati per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita, e per goderLo nell'altra in paradiso".
Antonio Lombardi così conclude la sua grande opera filosofica: "Dio non creò l'uomo per gli effimeri piaceri della terra, perché nessuna opera di Dio può essere vana, e perché d'altronde, la mente dell'uomo, eh'è universale, non può mai appagarsi d'alcun bene particolare. Onde 1'uomo, eh'è nato a conoscere Dio, è anche nato ad avere in Dio il suo fine. Perciò tutta la creatura non serve all'uomo che per tendere a Dio, finché in Lui non riposi, quando i cieli e la terra si rinnoveranno e tutta la creatura sarà glorificata, nam expectatio creaturae, revelationem filiorum Dei expectat. Così i cieli narrano la gloria di Dio, e gli astri del cielo illuminano la terra, manifestando la divina grandezza. E infine la maestà e la tremenda possanza della natura che insegna all'uomo la sua condizione e la sua piccolezza: Dov'eri tu quand'io involgeva nella caligine il mare, come un bambino nelle sue fasce?".
Nel firmamento della Chiesa catanzarese, Antonio Lombardi, assertore e propagatore della fede, con l'esempio della sua vita, in un'ora trepida e confusa per 1'umanità, richiama e ricorda agli uomini di oggi e del terzo millennio l'eterno ma sempre attuale messaggio di pace, di verità, di giustizia e di amore del Cristianesimo.

d
la chiesetta di S. Angelo, dove sono avvenute le esequie

Dalla commemorazione tenuta da V. G. Galati
“Preso da un sentimento di riverenza, ripeto a me stesso e a voi le parole che il Lombardi mi disse, molti anni or sono, conversando nel mio studio a Roma, quasi per giustificare la sua fatica filosofica: "Ciò che faccio negli studi è per dovere cristiano, mi pare che verrei meno alla stessa fede non facendolo". Ed io lo compresi allora, ma solo in parte. Lo comprendo interamente ora che leggo nel suo diario, alla data del 13 novembre '37, questa notazione: "Comincia la definizione dello scritto su Hegel. Metto questo scritto sotto la protezione della Madonna e di San Giuseppe". E nella mia mente riaffiora un pensiero di Alfredo Oriani, questo: "Fra le battaglie di Napoleone e le tempeste del pensiero di Hegel, chi oserebbe decidere"?
L'umile cristiano Antonio Lombardi, nelle tempeste del pensiero di Hegel, introduce la famiglia di Gesù, e affida la barca del suo spirito a Colei che è stella del mare e a Colui che, fra tutti gli uomini, fu prescelto a tutelare la umanità di Cristo. La potenza del genio è affrontata dall'umiltà del catecumeno; e, trepidando, leggo ancora nei suoi appunti:
4 dicembre 1936: "...una certa inclinazione all'amore della povertà, umiltà e mortificazione... Dopo la comunione sforzatomi, è riuscito ma in parte, a considerare gli altri come migliori di me. Al qual fine, mi sono aiutato con i ricordi dei sentimenti ch'ebbi durante la convalescenza della malattia del 27-28, sentimenti ch'erano pieni di stima, di dolcezza per il prossimo che mi pareva mirabile per la sua bontà".
5 dicembre: "Avvicinare i poveri più abietti e quelli la cui vicinanza ci umilia maggiormente agli occhi del mondo: stravaganti, pazzi ecc… poiché con la pazienza e la carità che si esercita verso di questi, il Sacro Cuore ci vuole affidare il dono della perfezione".
E "il fine deve essere quello di essere abietto con gli abietti. Il quale esercizio è necessario, poiché siamo noi veramente abiezione e per i nostri peccati e per il nostro nulla; ma non ce ne ricordiamo".
7dicembre: "Proponimento: evitare, con la grazia di Dio, i peccati veniali. Proposito particolare: non cercare di piacere a nessuno, a nessuna, o cercando di far bella mostra di me, o con la parola, o anche con l'umiltà stessa; ma avere il pensiero di piacere solo a Dio".
8 dicembre: "Poco bene in salute, perciò non sono andato in Chiesa. Ogni piccola malattia è una piccola grazia, e come tale ho voluto accettarla nel giorno dell'Immacolata".
9 dicembre: "Mortificare il gusto".
12 dicembre: "Non commettere alcun peccato veniale di volontà".
14 dicembre: "Contro la dissipazione dello spirito: non trattenermi in pensieri inutili, discorsi eee.".
15 dicembre: "Vivere in Dio. Non occuparmi che delle cose dello spirito... Non voler piacere né a sé né agli altri. E solo a Dio".
1-2-1937: "Dimenticarsi di sé stessi, in onore del Cuore di Gesù: dimenticarsi di sé stesso, cioè non rilevare alcuna ingiuria, fatica, contrarietà".
5 febbraio: "Non turbarsi dei propri difetti poiché essi servono, secondo il disegno di Dio, a farci amare la nostra abiezione".
8 febbraio: "In ciascuna cosa, non attendere ad alcun fine di plauso o di riuscita, ma all'umile servizio di Dio".
14 febbraio: "Essere dolci con tutti".
2 marzo: "Essere dolce come Gesù".
2 marzo: "Tacere quando siete accusato".
16 marzo: "Riposare nel seno di Dio come un bambino senza pensieri"; ma il 28 di nuovo è sul calvario: "Non lamentarsi di nulla".
Al mormorato suono di queste confessioni a sé stesso, non sono possibili commenti: si commenta e discute il filosofo, non si illumina la luce. E la luce dello spirito di Antonio Lombardi sulla vetta della perfezione cristiana abbaglia già le anime nostre. Siamo dunque vissuti accanto a chi? A un filosofo certamente; ma a un filosofo che aveva proposto a sé stesso la santità. E per parafrasare il giudizio di Oriani, a me chiedo ed a voi: "Fra la potenza di un filosofo e l'umiltà di ehi aspira alla santità, come esitare a scegliere"?
II mondo, ormai, non può trovare che una sola salvezza: quella dei santi. E incontro a noi, avanza con passo leggero, il viso levato e sorridente, Antonio Lombardi, per direi singhiozzando: "Che cosa avete mai fatto quest'oggi, o fratelli miei? No, non sono io, io sono un abietto". Ma noi gli rispondiamo per consolarlo e consolarci: "Sì, un abietto formato nel fuoco di Dio!"(2).
RAFFAELE GENTILE

NOTE
(1) Con articoli e saggi Lombardi fu collaboratore e redattore di giornali e riviste più accreditati, a cominciare da "L'Osservatore Romano".
(2) Dal testo della commemorazione tenuta da V. G. Galati i1 9 maggio 1954 a Catanzaro.