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            Foto: Album di 32 foto 
                Il 1° novembre 2010, solennità di tutti i Santi,   alle ore 18, nella chiesa del Monte in Catanzaro, Mons. Arcivescovo di   Catanzaro-Squillace, Mons. Antonio Ciliberti, ha presieduto una solenne   concelebrazione di ringraziamento al Signore che ci ha donato la sua   serva fedele Nuccia Tolomeo, piccola-grande donna disabile di Catanzaro   Sala, morta a 60 anni il 24 gennaio 1997 dopo aver vissuto una vita   ricca di fede, di speranza e di carità, di cui il 24 gennaio 2010 si è   concluso il processo diocesano per la sua beatificazione e   canonizzazione . Dopo la celebrazione i resti mortali della serva di Dio   sono stati collocati nella nuova tomba al centro della cappella del   Crocifisso della stessa chiesa. Nuccia nella sua vita è stata un cantore   del Crocifisso. L'arcivescovo ha pronunciato una calda omelia, di cui   ascoltiamo alcuni squarci. 
                
              OMELIA DELL'ARCIVESCOVO MONS. ANTONIO CILIBERTI 
               Carissimi, con grande affetto, io vi  saluto nel Signore. Ma consentitemi che, anche a vostro nome, questo mio  cordiale ed affettuoso saluto abbia accenti di particolare gratitudine nei  confronti dei carissimi Padri-Figli di San Francesco che zelano il culto dei  santi, ma ancor più il culto della santità in questo sacro tempio. 
                  
                  La nostra gratitudine in maniera speciale  oggi va al carissimo Padre Pasquale, membro di questa comunità religiosa,  che in maniera diligente sta seguendo la  causa di beatificazione della carissima Nuccia. 
                  Nella particolarità di questa circostanza,  nella quale deponiamo le spoglie dell’indimenticabile Nuccia in un sacrario appositamente predisposto per lei in nome della sua umiltà e della santità  della sua vita, celebriamo, come voi ben sapete, la solennità di tutti i  santi. 
                  Carissimi, quando il Libro sacro parla di  Dio, di Lui dice che è tre volte santo: Santo, Santo, Santo. Nel linguaggio  biblico questo aggettivo, che si ripropone tre volte, vuole indicare che Colui  a cui si riferisce personifica la stessa essenza della verità in esso  contenuta. Dunque, secondo questo linguaggio, appare evidente che Dio è la  personificazione della santità. Egli è  la santità.  
                  Dunque, per potere essere santi, noi  dobbiamo saperci inserire nella profondità del suo mistero, diventare partecipi  della sua medesima vita, per essere, quindi, partecipi della sua stessa  santità. E come può avvenire tutto ciò? Ecco, il Signore, nella sua infinita  sapienza e bontà, non solo ha dato una risposta esauriente a questo nostro  interrogativo, ma in maniera mirabile lo ha attualizzato attraverso forme  inaudite. Egli ha donato a ciascuno di noi   Sé stesso attraverso il dono della grazia santificante e per la prima  volta L'abbiamo ricevuto nel santo battesimo.   E voi sapete bene che la grazia santificante è questa: il dono che Dio  fa della sua vita alle nostre anime. Quando noi viviamo in grazia di Dio,  quando la grazia divina è presente nella nostra anima bella, noi siamo vivi della stessa vita di Dio.  La vita di Dio e la nostra vita sono la medesima vita. Ed è per questo che, a  ben ragione e orgoglio della nostra fede, possiamo autodefinirci ciò che  veramente siamo "Figli di Dio".  
                  Se volessimo presumere, noi segnati nella condizione  precaria della nostra umanità, di  assolvere da soli a questo compito e alla  singolarità di questo impegno, molto probabilmente, anzi certamente, andremmo  delusi. Ma il Signore non ci abbandona ai limiti della nostra impotenza. Egli,  con l'onnipotenza del suo amore divino, irrompe nella fragilità della nostra  carne e con l'azione del suo Spirito Santo ci abilita a instaurare con Lui  questo inscindibile rapporto di personale relazione ed autentica comunione  divina. 
                  In questa prospettiva, carissimi fratelli,  oggi ci è di mirabile esempio la grande-piccola sorella che ci ha preceduto  nella fede, la carissima Nuccia. Lei ha vissuto, docile all’azione dello Spirito di Dio, questo ineffabile rapporto in  relazione con Lui. Lo ha vissuto con intensità piena, sicché, come l’apostolo,  poteva sperimentare la gioia della sua  cristificazione. Si, “Vivo ego, iam non  ego, vivit in me Christus” (Vivo io, ma non sono più io, è Cristo che vive  entro di me). 
                    E nell’umiltà del  suo servizio, trasportata dalla infinità del  suo amore singolare, poteva come l’apostolo gridare: “Cupio dissolvi et esse  cum Christo”(Bramo, desidero ardentemente, voglio quasi polverizzarmi per essere impastata con Cristo ed essere una  sola cosa con Lui). “Mihi vivere Christus  est” (La mia vita è Gesù Cristo). 
                    Il segno inequivocabile  di questa verità, ecco, - lo abbiamo nella dimensione sublime: anima della  autenticità e della vera gioia cristiana, - è la sofferenza. E’ su quel letto di dolore che lei ha  gridato la lode del Signore e ha manifestato la pienezza della sua gioia. Una  gioia contagiosa, che oggi richiama tutti noi intorno alle sue spoglie  mortali per dire la nostra gratitudine somma per la esemplarità della sua vita,  che ci ha aiutato nella gioia della sofferenza e del dolore.  
                    Come Nuccia, docile  all’azione dello Spirito di Dio, noi dovremmo dare senso compiuto alla nostra  vita cristiana, spalancando l’anima e il cuore, l’interezza della nostra  esistenza, le porte delle nostre case, degli uffici e dei campi di lavoro allo  Spirito di Dio, per sperimentare nella Sua  presenza la gioia e la verità della nostra vita e in essa attingere la  forza della nostra missione, che deve portarci, come portò Nuccia, anche da un  letto di dolore, a gridare, non solo con le labbra, ma con la vita, il nome del  Salvatore. 
                
                
              Nuccia  Tolomeo riposa nella Chiesa del Monte dei Morti di Luigi Mariano Guzzo 
              “Ai piedi della croce, contemplando il Crocifisso  con amore, ho sempre trovato la pace, il conforto di andare avanti”. Le parole  della Serva di Dio Nuccia Tolomeo (1936-1997), il cui processo diocesano di  canonizzazione si è concluso lo sorso 24 gennaio, rimbombano nella Chiesa del  Monte dei Morti di Catanzaro, nel corso di una solenne celebrazione  eucaristica, nella festa di tutti i Santi, presieduta dall’Arcivescovo  metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Antonio Ciliberti. Al termine della  sacra liturgia eucaristica, prima della benedizione finale, i  resti mortali di Nuccia Tolomeo sono stati  collocati nella Cappella del Crocifisso della Chiesa dei padri cappuccini, per  indicare a tutti la forza salvifica della Croce di Cristo, vissuta in  obbedienza dalla Serva di Dio alla volontà del Padre. 
                Perché Lei del Crocifisso ne è stata  espressione vivente. Contorta in tutto nel suo corpo, dipendente assolutamente  dagli altri, Nuccia della sua sofferente vita ne ha fatto un’oblazione gradita  all’Altissimo; del suo corpo martoriato ne ha fatto un tabernacolo d’Amore, per  far attingere  chi gli stava vicino alla  sorgente della Sapienza; del suo letto ne ha fatto un altare di espiazione e di  redenzione per le proprie e le altrui mancanze.  
                E non c’è da meravigliarsi quindi che ad  accompagnare le spoglie di Nuccia nella sua ultima collocazione terrena, alla  funzione religiosa del primo novembre, in una chiesa gremita di fedeli, c’era  l’intera comunità diocesana con, in prima fila, le sue amiche intime e le  cugine Anna e Silvana Chiefari, che hanno avuto il privilegio di portare la piccola  bara bianca con i resti mortali di Nuccia dall’Altare Maggiore alla Cappella  del Crocifisso.  
                Con l’Arcivescovo Mons. Antonio Ciliberti,  tra gli altri, hanno concelebrato Mons. Antonio Cantisani, arcivescovo emerito  di Catanzaro-Squillace, Mons. Raffaele Facciolo, vicario episcopale, padre  Pasquale Pitari, vice postulatore per la causa di canonizzazione di Nuccia  Tolomeo e padre Carlo Fotino, promotore di giustizia. Presente al rito della  ricollocazione dei resti mortali nel pavimento della Cappella di destra,  entrando in chiesa,   il notaio della causa di canonizzazione  Alberto Lorenzo, che ha redatto il verbale, dandone pubblica lettura.  
                Nell’omelia l’Arcivescovo Ciliberti ha  ricordato ai presenti come “la santità è la finalità stessa della nostra vita;  la finalità naturale verso la quale dobbiamo protendere; la finalità della vita  di ogni uomo e di ogni donna”. 
                “Partecipi della stessa santità di  Cristo –ha continuato-, il Signore irrompe nella fragilità della nostra carne.  Instaurare un rapporto con Lui significa sperimentare la dimensione svettante  della nostra santità”.  
                “Nuccia, grande-piccola sorella –ha  detto ancora l’Arcivescovo- ha vissuto un ineffabile rapporto in relazione con  Lui, sperimentando la gioia della cristificazione; ed ha gridato, non solo con  le labbra, ma pure con la vita, il nome del Salvatore, anche da un letto di  dolore”.  
                E’ questo il messaggio che lascia con la  sua testimonianza di fede Nuccia Tolomeo. E che è riecheggiato lunedì nella  Chiesa del Monte, soprattutto ora che le sue spoglie riposano sotto quel Crocifisso,  a cui lei, da viva, nel suo letto di sofferenza, è stata aggrappata con amore. 
              Foto di Luigi Mariano Guzzo (cliccare) 
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