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N°28 - Padre Pasquale Pitari e Lillo Zingaropoli testimoniano su Nuccia
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Grazie, Gesù, per averci regalato Nuccia. Alleluia!
TESTIMONIANZA SU NUCCIA TOLOMEOrosa
di Lillo Zingaropoli
Al 2° Convegno - Parrocchia di San Giuseppe – 22 aprile 2007

Chi è Nuccia ? Nuccia è una donna che Dio, "come scelse Cristo" per farlo poi morire sulla croce per i
peccati del mondo, così ha scelto Nuccia facendola morire su una sedia a rotelle, stritolata
dalle proprie ossa, dopo 61 anni di continue sofferenze, con la differenza che le sofferenze di
Cristo durarono un solo giorno.
Sentii per la prima volta Nuccia per telefono. Una sera mi telefonò dicendomi: “Mi
chiamo Nuccia, sono costretta a stare su una sedia a rotelle e mi è anche impossibile uscire.
Ho due nipoti di 8 e 10 anni che fanno parte di un gruppo folk , ma non ho mai potuto vedere
un loro spettacolo. Lei che è così importante, -io l’ho vista in televisione e mi dicono che è un
grande attore, regista (e altre lodi che mi fecero sentire grande e importante)-, potrebbe farmi
vedere i miei nipoti per televisione?”
Riuscii a farglieli vedere per mezzo di una TV privata.
Finita la trasmissione mi richiamò, mi ringraziò ed espresse il desiderio di conoscermi.
Un pomeriggio andai a trovarla e da quel giorno, i miei pomeriggi con lei furono frequenti.
Si parlava un po’ di tutto, poi inevitabilmente si arrivava a parlare di religione e qui il nostro
dialogo diveniva infuocato, ma solo da parte mia, perché lei era sempre serena e sorridente.
“Come puoi credere in Dio se ti ha ridotto in questo stato?”, le dicevo. E lei: “Io
faccio parte del suo disegno, chi può dire quali siano i disegni del Signore”? Guardandola
negli occhi con tutta la rabbia che avevo in corpo le gridai: “E perché il Signore per i suoi
disegni ha scelto un bambina di sette anni, pura, innocente? Come puoi avere fede in Dio, -le
ripetevo-, come fai ad avere sempre quel sorriso sulle labbra”?
A queste mie parole il suo volto si riempì di luce e sorridendomi con una tale
dolcezza, che non so descrivere, rispose: “E' la fede in Lui che mi rende felice, io sono felice
del mio stato; se sorrido, nonostante il dolore che provo, è perché Lui è in me. Lo capisci?”
“No, -le risposi-, non lo capisco”. “Sì che lo capisci, tu dici di non essere credente, ma
se gridi contro di me e contro Dio è perché Dio è già nel tuo cuore, dentro di te, ed io ti dico,
che tu sarai un trascinatore di folle”. “Che significa?”, chiesi. “Lo capirai quando sarà il
momento”, mi rispose. Non so cosa ha voluto dire con quelle parole.
Un giorno, durante le nostre solite discussioni, mi disse: “Non ho mai fatto vedere a
nessuno, se non alla mia famiglia e al mio medico, ma desidero che tu, che sei a me il più
caro, veda come è il mio corpo”. Si fece togliere il vestito da sua madre, aiutata da sua zia e
sua cugina, e i miei occhi videro un corpo che non era più un corpo: l'anca destra era arrivata
a posizionarsi sotto l'ascella del braccio sinistro. Ora capivo perché non riusciva a respirare:
questa contorsione dell'anca la soffocava e provocava varie piaghe. Fra le pieghe delle carni
erano interposte delle garze. La rivestirono, poi volse i suoi occhi nei miei senza parlare,
sempre sorridente, aspettava un mio commento ed io sussurrando dissi: “E tu dici di essere
felice, di amare Dio, di credere in Lui!”.
E lei: “Sì, io sono felice del mio stato, amo Dio e credo in Lui. Come hai visto, io non
posso stare sdraiata, il letto è la mia più grande sofferenza. Quindi trascorro le mie ore
accanto alla finestra e da qui vedo quanto è stupenda la natura che Dio ha creato. Vedo
sorgere il sole, poi lo vedo tramontare, osservo le piante, i fiori, gli alberi, alcuni diritti e belli,
altri meno belli, altri storti, ma anche questi ultimi fanno parte della natura, vivono felici e
danno i loro frutti. Io sono un albero storto, anch'io faccio parte della natura, anch'io do i
miei frutti e sono felice di essere nata, sono felice di vivere. Lillo, io amo tutto ciò che mi
circonda”. Fece una breve pausa, poi guardandomi negli occhi col suo solito splendido
sorriso aggiunse: “Io amo la vita e credo in Dio”.
Io non risposi, non l’aggredii come ero solito fare, la guardai incredulo, intontito,
meravigliato, non so dire con le parole quello che provai dentro di me. Senza dire una parola
mi alzai, la baciai e me ne andai.
Mentre tornavo a casa mi risuonavano nella mente le sue parole “Io sono un albero
storto, ma anch'io do i miei frutti”.
Certo, Nuccia, non c'è albero al mondo che dia frutti più dolci e succulenti dei
tuoi, ma, oltre ai frutti, tu semini nei cuori degli uomini la serenità, la pace, l'amore.
Arrivato a casa sprofondai in una poltrona e piansi, piansi perché? Non lo so, so
soltanto che dopo mi senti sereno e mi sorpresi col sorriso sulle labbra.
Il giorno della sua morte, mi dissero che mi cercava, mi voleva accanto a sé, ma io purtroppo
ero al policlinico di Bari, per un intervento di angioplastica. Cosa strana, lei cercava me
mentre moriva, io chiedevo aiuto a lei mentre mi operavano: avevo paura per la mia vita.
Sono sicuro che durante l'intervento Nuccia era accanto a me, perché io ero tranquillo. Lei era
là con il suo solito sorriso che mi diceva: “Non avere paura, tutto andrà bene, ci sono io qui
accanto a te”. Ciao, Nuccia, ci rivedremo. Catanzaro 4/03/2007